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I risultati delle elezioni appena concluse ci regalano un Parlamento senza maggioranza, non essendovi partiti o coalizioni con voti necessari per formare un governo, sebbene abbiano rispettato le previsioni che vedevano la vittoria del centrodestra. Hanno tuttavia sorpreso su due dimensioni: M5S sopra il 30% e Lega vicina al 20%. In pratica il voto "anti-establishment" supera il 50%. Il nuovo parlamento si riunirà a fine mese per eleggere i presidenti di Camera e Senato: quella sarà la prima opportunità per siglare alleanze che potrebbero prefigurare la futura maggioranza di Governo. Sempre che il processo non richieda altre settimane di attesa.

Qualsiasi Governo che coinvolga Lega o M5S porterà probabilmente ad un rapporto conflittuale con l'UE, in particolare sui temi legati all'immigrazione, mentre ridimensionerebbe parzialmente la prudenza fiscale. Tuttavia nessuno dei partiti ha fatto una campagna anti-euro, focalizzandosi maggiormente sulle tematiche interne: la sconfitta del partito francese Fronte Nazionale lo scorso anno ha spinto anche i partiti euroscettici a moderare i toni riguardo a pressioni anti-euro, imparando dalla sconfitta di Marine Le Pen. Il pensiero anti-europeista è stato decisamente assente durante la campagna elettorale appena terminata.

In ogni modo, è probabile che il M5S sarà la forza più importante del futuro Governo, visti i numeri ottenuti. Come sottolineato precedentemente, il partito ha addolcito le posizioni più estreme anti-Europa del passato, adottando un approccio più pragmatico; le promesse elettorali relative al reddito di cittadinanza ed all'indebolimento delle recenti riforme del sistema pensionistico, tuttavia, potrebbero indurre il mercato a dubitare della sostenibilità fiscale di tali misure.

D'altro canto, se la marcata avanzata dei partiti populisti complica lo scenario politico italiano, la situazione in Europa viene bilanciata dalla formazione di un nuovo governo in Germania, con possibile pressione sui titoli governativi italiani e sui periferici dell'eurozona, ma senza che questo contesto debba essere un quadro negativo prolungato per l'euro ed i titoli azionari europei. Allo stesso tempo, infatti, eventuali criticità di breve termine sembrano essere attenuate da un'economia italiana più sana. La stima che prevede una crescita del PIL reale dell'1,5% per il 2018/19 sembra ancora del tutto ragionevole.

Certamente, la vittoria di forze politiche considerate meno "convenzionali" fa temere per il mercato italiano nel breve periodo, e poiché i partiti euro-scettici saranno probabilmente parte della futura coalizione di governo, lo scenario politico si rivela un fattore negativo per gli spread dei titoli di Stato e potrebbe essere d'ostacolo all'agenda di Macron di riforma delle istituzioni europee.

Il problema per gli investitori è se l'incertezza politica possa far passare in secondo piano il miglioramento dei fondamentali economici del Paese: una certa volatilità è da attendersi nel breve periodo, in quanto i mercati hanno sovraperformato nell'attesa di una grande coalizione tra PD e FI. Mancate sicurezze riguardo agli esiti e lassi temporali ignoti difficilmente sono amici dei mercati, situazione che potrebbe diminuire la pazienza degli stessi, anche se questi sono ormai "allenati" ad affrontare singole situazioni di instabilità politica, soprattutto nell'eurozona, tenendo anche conto che, in queste settimane, l'attenzione è rivolta a variabili più tradizionali, quali l'inflazione, i tassi e la crescita.

 nebula 2273069 640

Fonti:

https://www.am.pictet/it/italy

https://www.blackrock.com

https://www.allianzgi.com

https://www.allianz.it/investitori

 

 

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Pubblicato in Economia

Grazie alla collaborazione di alcuni preziosi autori, Alessandro D’Addamio, Sofia Gori, Sergio Inferrera e Lorenzo Zannin, è nato un progetto molto approfondito riguardante la legislazione e come questa può modificare i prezzi e la produzione di petrolio.

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