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libreria giurisprudenza

23 Gen 2017

Fai la escort? Allora devi pagare le tasse

Scritto da

Nel nostro ordinamento, l'attività della prostituta o escort, dal punto di vista penale, costituisce attività lecita. Quasi tutti i Comuni italiani, tuttavia, prevedono una pesante sanzione amministrativa in caso di esercizio della prostituzione in strada: a essere punita non è, quindi, la prostituzione in sè, ma comportamenti specifici.

Da anni, si discute dell'eventualità di legalizzare tali attività.
La legalizzazione avrebbe l'effetto di rendere maggiormente sicura l'attività esercitata, sia per la prostituta che per il cliente nonchè il beneficio di garantire, alle casse dell'erario italiano, ulteriore gettito.

Interessante è l'analisi resa con la sentenza n. 389/2016, giudice dott. R. Bertolo del 21.6.2016, Commissione Tributaria Provinciale di Savona. La Commissione è intervenuta sul caso di una donna che aveva subito un accertamento bancario siccome le somme depositate sul suo conto corrente risultavano assolutamente incompatibili col fatto che la medesima avesse dichiarato di svolgere, semplicemente, la professione di addetta ad un servizio di pulizie.
Dall'analisi della sentenza, emerge che non rileva affatto che l'attività svolta non sia regolamentata in Italia e che non sia presente tra i codici delle dichiarazioni dei redditi. In base all'orientamento della giurisprudenza dominante, tal "professione" può essere inquadrata nella previsione di cui all'art. 3 comma 1, secondo periodo del d.p.r. n. 633/1972.

Tornando al caso esaminato, le indagini effettuate sulle entrate patrimoniali della donna, a seguito delle irregolarità, facevano emergere che non risultava documentabile alcun tipo di attività della specie dichiarata. "Scatta", infatti, in questi casi, l'inversione dell'onere della prova secondo cui è, in verità, il contribuente a dover dimostrare che quanto è emerso, a seguito delle indagini tributarie, non si riferisca affatto a attività di natura imponibile. La donna, non riuscendo a dimostrarlo, ammetteva, quindi, di svolgere attività di prostituzione, per altro particolarmente ben organizzata, e di guadagnare circa 36 mila euro all'anno. Sicchè la Commissione Tributaria di Savona rigettava il ricorso della donna che, per l'effetto, veniva condannata al versamento di IVA e IRPEF per gli anni dal 2010 al 2012, contributi previdenziali e il rimborso delle spese in giudizio.

Curiosi i riferimenti al passato, da parte della Commissione e del Giudice Bertolo, nella sentenza: si menziona infatti la storia dell'imperatore Vespasiano che impose, a tutti coloro che erano proprietari di latrine, il versamento di una tassa, la c.d. centesima venalium, sull'urina. L'urina veniva poi venduta, lo ricordiamo, ai conciatori di pelle per ricavarne l'ammoniaca. Una sorta di antica IVA, insomma. Tito, figlio dell'imperatore, rimproverò al padre di voler risanare le casse erariali con imposte affatto consone. La Commissione Tributaria ripende il motto di Vespasiano che rispose al figlio: "Pecunia non olet".

Particolare è la posizione del Presidente del Gruppo consiliare Giustizia Onore Libertà, Ing. Francesco Rendi, del Comune di Ferrara che, con mozione dell'8.7.16, a seguito della pubblicazione della sentenza succitata del 21.6.16, ritiene che "Il Comune non debba vessare solamente chi possiede un immobile o i lavoratori che ogni anno diligentemente presentano la dichiarazione dei redditi" e impegna il Sindaco e la Giunta "ad attivare tutti gli organi di controllo per individuare chi presta questa attività e fare in modo che versino quanto dovuto nelle casse comunali" e "a sollecitare il governo affinché venga emanata al più presto una legge che preveda il pagamento delle tasse da parte di tutte le professioniste che operano nel territorio nazionale".

Come affermato dalla Corte di Giustizia Europea, con la sentenza C - 268/99, la prostituzione è definita come "prestazione di servizi retribuita" purchè la retribuzione sia pagata direttamente da chi fruisce e beneficia della prestazione medesima. Si classifica la lavoratrice escort al pari del lavoratore autonomo e senza vincoli di subordinazione. Ciò, appunto, a fronte di una retribuzione che viene pagata dal cliente.
Diversa dall'Italia è la situazione all'estero: ad esempio, in Gran Bretagna, le escort devono pagare le tasse se superano un incasso di 77.000 sterline all'anno, oltre a dover sempre versare la VAT (imposta su beni e servizi). In Germania, dove la prostituzione è legale dal 2002, invece, la Corte dei Conti Federale ha stabilito che tutte le prostitute debbono pagare le tasse: sia coloro che esercitano in via autonoma, sia coloro che lavorano presso agenzie o case chiuse.

 

 

 

Carlotta Toschi

Avvocato in Bologna, si occupa prevalentemente di diritto penale ed è cultrice di diritto europeo dell'immigrazione presso la facoltà di Giurisprudenza, università di Modena - Reggio Emilia.

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