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27 Nov 2017

L'Accordo di Parigi: salveremo il nostro pianeta?

Scritto da

L’Accordo di Parigi si inserisce nel più ampio contesto della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, trattato ambientale non vincolante che si pone l’obiettivo di ridurre le emissioni gas serra. Entrato in vigore nel 1994, prevede incontri annuali (Conferenza delle Parti COP) per valutare i progressi e per trattare negoziati trasversali (i famosi “Protocolli”).

A seguito del clamoroso fallimento del “Protocollo di Kyoto”, durante la COP17 in Sud Africa, si è decisa la stipula e la firma di un nuovo accordo nel corso della futura COP21 di Parigi. Importantissima la portata globale ed il carattere vincolante dell’accordo. Ma le cui modalità applicative e regolamentative potranno dimostrarsi insoddisfacenti.

COSA PREVEDE L’ACCORDO

parigiL’accordo prevede, scientificamente, un semplice ed al contempo complesso obiettivo: contenere l’aumento delle temperature in 2 C° entro il 2050, con la postilla di fare tutto per rimanere nell’intorno dei 1.5C al fine di evitare ripercussioni per i paesi insulari e costieri. (ART.2).

 Per fare ciò i paesi si impegnano a ridurre le emissioni di orgine umana di gas serra, al massimo delle loro possibilità. Si riconosce anche una doppia andatura: i paesi in via di sviluppo hanno diritto a raggiungere un picco emissivo di combustibili fossili (per garantire la chiusura definitiva dei processi di industrializzazione), per poi impegnarsi a ridurne lo sfruttamento immediatamente . I paesi sviluppati, in qualità di locomotiva, devono aiutare quelli in via di sviluppo: a tal fine entro il 2020 deve essere istituito un fondo 100 miliardi annui per aiutare i paesi indietro a favore di efficientamento e transizione ad una economia green.

Il primo dialogo tra le Parti per fare il punto sugli sforzi collettivi tesi al raggiungimento degli obiettivi stabiliti è fissato per il 2018. In quello stesso anno sarà pubblicato un rapporto speciale dell’IPCC con l’indicazione delle misure necessarie per rimanere entro 1,5°C; questo rapporto sarà utilizzato per motivare gli Stati ad aumentare gli impegni assunti nei rispettivi INDC. Il primo “bilancio globale”, il cui obiettivo è quello “di fornire informazioni ai paesi firmatari per aggiornare e migliorare [..] le misure e il sostegno conformi alle disposizioni pertinenti del presente Accordo”, verrà invece effettuato nel 2023, e si ripeterà ogni 5 anni. 

 

IMPLICAZIONI POLITICHE ED ECONOMICHE

Passiamo ad analizzare gli aspetti istituzionali e le implicazioni economiche del suddetto trattato. 

Secondo il FMI, nel 2015, i sussidi alle attività estrattive da parte dei paesi ammontano al 5300 miliardi di dollari, il 6,5% del PIL mondiale. Una prima criticità del Paris Agreement è riscontrabile nella mancanza di riferimenti alla questione dei sussidi ad attività estrattive, e quindi tantomeno di soluzioni. In più, è concesso agli stati il raggiungimento del picco emissivo “il più velocemente possibile”. Questi due aspetti dimostrano come ancora l’orientamento al mercato influenzi i processi decisionali ed istituzionali in qualsiasi ambito. Viene quindi naturale chiedersi se vi è una reale volontà politica ad impiegare così tante risorse in così poco tempo (si stimano più di 50000 miliardi entro il 2050) . Recentemente diversi capi di stato europei hanno presentato obiettivi più o meno perseguibili, ma i metodi di attuazione non sono stati ancora discussi.Nel corso della COP19 del 2013 è stato è stato istituito il “Loss and Damage Mechanism”, strumento attraverso il quale i paesi vittima degli effetti dell’inquinamento possano essere protetti e risarciti dagli inquinatori. L’inizio della sua attività istruttoria è stata implicitamente attesa alla fine della COP21 ma nella realtà non vi è stato alcun passo avanti. Per quanto citato nell’ART.8 dell’Accordo, non è stato ben delineato il peso che avrà nell’attuazione stesso, né tantomeno ha sviluppato connotati mandatori come in realtà si auspicava nel 2013.

 

In definitiva, l’Accordo di Parigi, accolto dall’opinione pubblica come panacea a tutti i mali cui abbiamo sottoposto la nostra Terra, contiene ancora diverse criticità. Complice un’opinione pubblica non ancora pronta ad affrontare attivamente materie scientifiche, non vi è stato spazio ad ampie dimostrazioni di scetticismo ed ipotesi di riforma. Vale la pena sottolineare che non deve essere tuttavia demonizzata l'intera struttura creatasi. Il carattere globale e l'estensione che l'Accordo ha avuto nell'opinione pubblica lasciano intendere che la questione ambientale ormai è tenuta in considerazione sia dalle classi politiche che dalla popolazione.  

 

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Lorenzo Bernabei

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