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libreria ingegneria

29 Ago 2016

L'eredità... Italica

Scritto da

La parola iniziale, l’eredità, potrebbe far riferimento ad uno dei quiz più longevi della storia televisiva italiana, che dal 2002 è condotto in fase preserale sulla rete ammiraglia della Rai e fa compagnia a nonne e casalinghe, ed invece, no; non tratteremo di questo interessante fenomeno culturale del mondo della televisione.. In questo piccolo spunto osserveremo bensì il concetto di eredità, nei suoi tratti veniali e italici..

L’eredità è uno degli elementi portanti della vicenda patrimoniale, una delle sue fasi vitali; per i più dei cittadini è senz’altro la situazione più corposa per mole di “cose” coinvolte: un più o meno poderoso trasferimento di proprietà tra persone fisiche. Difatti è tramite l’eredità che essa, la sacra ed inviolabile proprietà, si trasferisce, sotto forma di capitali, immobili, beni d’altro genere, diritti e via scorrendo, a legittimi eredi, designati o meno per via testamentaria. Un unico evento, la morte del, come detto in “giuridichese”, de iuris ,che è in sé emotivamente tragico, ma sviluppa, cinicamente, conseguenze economicamente assai propizie, per chi usufruirà di ciò che giuridicamente gli spetta: il vedersi da un giorno all’altro con qualcosa in più.. Voglio aggiungere che questo elemento favorevole, evidenziato con occhi prettamente economici, ha un suo carattere geografico-politico piuttosto marcato: le tue tasche, se erediti in quanto italiano, avranno di certo più gratificazioni quantitative, che nel caso tu fossi malauguratamente francese o inglese o tedesco o spagnolo.

Ebbene si, nell’abitudine che fa di noi italiani eterne vittime verso uno Stato “vampiro” che preleva liquidi monetari senza sosta e li reinveste in attività più o meno discutibili, possiamo almeno, sul drammatico fronte esattoriale, concederci un piccolo sorriso di compiacenza: dopo il trauma di una dipartenza, lo Stato non incombe come un rapace, (o meglio pipistrello per esser a tema col cliché “vampiro”), per levarci parte di quel che ci trasmette colui che, in vita, ci ha raccolto e conservato frutti che vediamo caderci all’improvviso, come se cadessero per incanto dal leggendario albero della Cuccagna.

Scendendo poi allo strato un più tecnico della faccenda, in Italia, il prelievo compiuto dallo Stato consiste, in linea di massima, (evitando il trattamento ontologicamente più propizio riservato ai destinatari diversamente abili), per i parenti in linea retta di un’aliquota del 4%, sempre che sia superata la cospicua soglia di incolumità di un milione di euro; per i parenti fino al terzo grado e per i fratelli l’aliquota è del 6% (per i fratelli è inoltre prevista una franchigia di 100.000 euro). Per gli altri eredi l’aliquota si attesta al 8%. Fin qui nulla di così sorprendente, anzi il nostro principio assoluto della proprietà e del suo corollario, l’eredità, parrebbe quasi venir meno sotto l’attacco moderato di uno Stato “impositore”. Tuttavia, facendo un semplice paragone numerico con gli altri Stati Europei simili a noi, l’italiano medio ha il diritto e dovere di rinfrancarsi e lasciar pian piano emergere un orgoglioso ghigno di soddisfazione, per un trattamento di favore a lui riservato...

La cugina Francia è spietata in questo genere di tassazione: l’eredità, oltre i 100.000 euro, è colpita dal 5% al 40% per i parenti di linea retta, a seconda del valore del patrimonio trasferito, mentre, udite udite, per gli altri eredi si va dal 35% al 60%. Anche la Germania non va per il sottile, ed anzi nega qualsiasi area no tax; si oscilla, per i parenti diretti, dal 7% al 30%; per quelli lontani dal 15% al 43% ,mentre per gli altri dal 30% al 50%. Il Regno Unito è equo, davvero non fa sconti a nessuno nel stangare qualsiasi patrimonio con un aliquote per la successione (diverso è il caso della donazione) del 40%. Ed in ultimo, anche la Spagna non conosce zone franche, e l’aliquota oscilla, a seconda del patrimonio conferito, dal 7,65% al 34%.

Insomma, visto quel che accade agli Stati a noi simili, per una volta buona, possiamo sentirci un pochino più accarezzati da quel Governo che spesso ci assilla con le sue rivendicazioni fiscali e, magari, leggendo questo articolo, potremmo tirare per un attimo un dolce e tintinnante sospiro di sollievo.

Gian Marco Cavallari

Gian Marco Cavallari, laureato in Storia Contemporanea, Scienze Filosofiche ed Economia e Commercio, e con due Master Universitari in Gestione d’Impresa e Diritto Tributario. Attualmente collaboratore presso studio di consulenza tributaria e societaria.

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