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libreria economia

26 Set 2016

I legami tra le diseguaglianze economiche e la crescita in Italia

Scritto da

Secondo un rapporto di Morgan Stanley l’Italia sarebbe la seconda nazione con maggiore diseguaglianza economica tra i paesi sviluppati. Davanti al Bel Paese solo il Portogallo.

È questo quanto fotografato nei giorni scorsi dallo studio della banca d’affari statunitense, che si sforza di comprendere come la diseguaglianza sociale ed economica possa influire sul processo di crescita di un paese.

Tra le righe del report è sostenuta la tesi secondo cui l’iniquità di un sistema economico possa essere considerata come un’opportunità: in una società fortemente polarizzata, nei primi step di crescita, aumenterebbero le opportunità di investimento per coloro i quali dispongono di un congruo capitale iniziale da investire. Parimenti, chi non disponesse di capitale liquido potrebbe investire le proprie competenze nei settori di sviluppo, così da innescare una scala sociale.

Questo meccanismo porterebbe ad una crescita economica e allo stesso tempo ad una diminuzione delle disuguaglianze. Nelle società maggiormente sviluppate, invece, le crescente polarizzazione porterebbe da un lato ad una classe media sempre più povera e ad una inclinazione patologica al risparmio (con conseguente calo degli investimenti) da parte delle classi ricche per via delle aspettative di salari più alti. Si potrebbe così spiegare perchè nella nostra società i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. E questo non è un bene non solo per una questione etica, di giustizia sociale, ma anche per la crescita di un paese. Secondo uno studio del 2015 del FMI una crescita del reddito del 20% più ricco della popolazione di uno stato fa scendere il Pil, mentre una crescita del reddito del 20% più povero lo fa salire. Secondo questa scuola di pensiero basterebbe limare le diseguaglianze economiche imperanti in Italia per abbandonare l’epoca dello stagnante “zero virgola”. E, dando un’occhiata al rapporto Morgan Stanley, c’è molto da fare: l’Italia ha un coefficiente di Gini (indice madre per la misurazione delle diseguaglianze) tra i più alti d’Europa, cresciuto di 4,4 punti tra il 2004 e il 2014, solo USA e Svezia possono “vantare” performance peggiori.

Sembra chiaro, dunque, come una strada per la crescita sostenibile esista. Tematiche rilevanti come la giustizia e la mobilità sociali non possono essere accantonate dalla teoria economica e, in un mondo in cui le diseguaglianze crescono a dismisura e la crescita stenta a ripartire, il messaggio lasciato da questi studi andrebbe sapientemente ascoltato.

Fonti:

www.economist.com 

linkback.morganstanley.com

Sergio Inferrera

Messinese, iscritto al corso di laurea in Economia all'Alma Mater Studiorum di Bologna, appassionato al mondo della politica, dell'economia e dello sport

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