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08 Set 2016

Sindacati: ancora rappresentativi degli interessi dei lavoratori in Italia?

Scritto da

L’indebolimento progressivo del sindacato è un fenomeno che ormai si è diffuso in tutto l’Occidente industrializzato e le cause che ne sono all’origine sono varie: dalla globalizzazione dei mercati del lavoro alla concorrenza dei lavoratori dei diversi Paesi che ne discende, dalla fine dell’impresa di tipo fordista alla personalizzazione dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro;

In Italia poi si aggiungono le condizioni specifiche di mancanza di tutela dei propri interessi da parte dei precari, giovani in primo luogo, e l’esasperata contrapposizione tra confederazioni sindacali maggiormente rappresentative, figlia di una demagogia politica non più attuale alla luce dei cambiamenti economici e sociali degli ultimi anni.

Appaiono estremamente chiare le conseguenze di queste dinamiche, infatti la competizione sindacale ha fatto sì che – sul lungo termine – le esigenze dei lavoratori fossero messe in secondo piano rispetto agli interessi degli organismi di rappresentanza, che hanno preferito affermare di fatto il potere dei propri dirigenti dimenticando il loro precipuo compito di sostegno dei lavoratori e di conseguenza dello sviluppo economico.
Anche organi di stampa non certo anticapitalistici come l’International New York Times attribuiscono al declino del sindacato una delle cause determinanti dell’aumento delle disparità dei redditi all’interno delle aziende e del crollo del potere d’acquisto del ceto medio.

Fondamentale precisare che il declino di cui stiamo parlando è quello relativo alla funzione politico contrattuale che, da sempre, dovrebbe costituire il fulcro identitario dell’attività sindacale. Infatti in senso fortemente dualistico con la perdita di influenza sulla società in genere, il potere del sindacato è addirittura aumentato laddove esso estende la sua missione facendosi erogatore dei servizi che regolano l’accesso e l’uscita dal mercato del lavoro.

L’adeguamento delle funzioni sindacali va incontro ad un’esigenza di personalizzazione dei rapporti e delle prestazioni indotta dalla globalizzazione e dalla informatizzazione della società.
A seguito dell’abbandono del metodo della concertazione è apparsa sempre più evidente l’inadeguatezza dello strumento della contrattazione collettiva nazionale a disciplinare in maniera efficace i rapporti di lavoro in relazione alle esigenze specifiche delle varie imprese e dei singoli territori.

Conclusa l’epoca della concertazione, il ruolo del sindacato non può più essere solo quello di correggere la distorsione monopolistica di cui beneficiano le imprese nel mercato del lavoro e di redistribuire il reddito a vantaggio dei lavoratori: in un mercato del lavoro maturo, la logica di sovrapposizione del sindacato col “partito amico” deve per forza di cosa essere abbandonata. Il contratto collettivo nazionale di categoria dovrebbe limitarsi a definire i principi generali di stampo politico istituzionale garantendo tutele minime e imprescindibili ai lavoratori ma, il fulcro dell’attività economica è rappresentato dalle singole imprese e dai territori. È su questo livello che si instaurano le specifiche esigenze di regolamentazione, da affidarsi pertanto alla contrattazione collettiva di secondo livello.

Al centro della realtà economica e produttiva vi è, infatti, l’impresa che non dovrebbe più in questo rinnovato sistema delle relazioni industriali, essere vista come controparte del sindacato e del lavoratore dipendente ma dovrebbe essere cogestita dai diversi soggetti al suo interno, con l’unico obiettivo di rendere compatibili le esigenze di produttività e di flessibilità dell’impresa con il progressivo miglioramento delle condizioni di lavoro dei dipendenti e del welfare delle loro famiglie.

Nell’attuale contesto delle relazioni sindacali rimane inalterata l’imprescindibilità del sindacato per il progresso economico e la giustizia sociale, ma certamente se vuole mantenere questo fondamentale ruolo non potrà che farlo attraverso un radicale processo di revisione interna della sua struttura e modalità operativa, facendosi così portavoce efficiente delle attuali istanze economiche e sociali provenienti dal mondo del lavoro, garantendo prioritariamente servizi di assistenza integrativa e generale sicurezza economica e professionale, senza dimenticarsi di chi fatica ad avere una voce nel mercato del lavoro, giovani in primo luogo.

Fonti:

"Dibattito Adapt sul futuro del sindacato. Il sindacato italiano butti via la rendita e rimetta mano alle priorità", di Roberto Benaglia, 27 agosto 2015.

" Al bivio. Lavoro, sindacato e rappresentanza nell'Italia d'oggi", a cura di Mimmo Carrieri, Paolo Feltrin, Donzelli editore, 2016.

"Il ruolo del sindacato, una crisi comune a tutto l'Occidente industrializzato", a cura di Francesca Pacini, 1 Maggio 2016, in www.loschermo.it

Serena Martinelli

Dottoressa di ricerca in Relazioni di Lavoro presso la Fondazione M. Biagi e laureata in giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, attualmente si occupa di previdenza integrativa, mantenendo un costante interesse per le relazioni industriali e la gestione delle risorse umane.

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