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libreria economia

21 Nov 2016

Il CETA: luci e ombre del trattato commerciale Europa-Canada

Scritto da

Lo scorso 30 ottobre, dopo una forte opposizione della Vallonia, è stato firmato uno dei più importanti trattati commerciali transatlantici: il CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement).

Si tratta di un accordo bilaterale tra l’Unione Europea e il Canada. Le due parti sono state in negoziazione per 7 anni e solo ora sono riuscite a proporre una bozza da far ratificare alle autorità europee e a quelle nazionali. Questa doppia ratifica è dovuta alla natura del trattato, identificato come trattato misto in quanto la materia di cui si occupa è di competenza sia dell’Ue che degli stati nazionali. Niente eccesso di democrazia e niente segnali di debolezza degli organismi sovranazionali dunque, come molti hanno indicato per delegittimare il trattato, ma solo rispetto delle regole.

 

 

COSA PREVEDE IL CETA
Il CETA, se dovesse essere ratificato da tutti gli organi competenti in materia, prevede una totale liberalizzazione del commercio presente tra Unione europea e Canada. Per soddisfare la politica libero-scambista, tramite il CETA verranno aboliti il 98% dei dazi doganali presenti tra le due sponde dell’oceano, facendo risparmiare 500 milioni di euro annui agli esportatori europei secondo stime della commissione europea. Sarà inoltre permesso alle imprese del vecchio continente partecipare ai bandi pubblici canadesi; consentirà agli iscritti agli ordini professionali europei di fornire i loro servizi in Canada; contribuirà ad impedire che le innovazioni, le opere d’arte, i marchi e i prodotti alimentari tradizionali dell'UE vengano copiati illegalmente in Canada.

LE PREOCCUPAZIONI RIGUARDO IL SETTORE AGROALIMENTARE EUROPEO
Le più grandi preoccupazioni circa questo trattato, similmente a quelle nate nei confronti del TTIP, riguardano il settore agroalimentare nostrano. Se è vero che vi sarà un’apertura nei confronti del mercato canadese per i produttori europei, è altrettanto vero che gli standard qualitativi dei prodotti europei sono molto più alti di quelli nord-americani.
Storicamente il mercato agroalimentare è decisamente meno controllato sulla sponda americana dell’Atlantico e il rischio paventato dalla maggioranza degli addetti ai lavori è quello di un adeguamento agli standard canadesi in nome della competitività economica persa. Dal sito della Commissione europea, però, arrivano delle rassicurazioni: “I produttori canadesi potranno esportare e vendere i loro prodotti in UE solo se rispetteranno pienamente la pertinente normativa europea”. Secondo i detrattori, però, queste rassicurazioni non sarebbero sufficienti: non sarebbe tutelato dal trattato, infatti, il così detto principio di precauzione, ispiratore di tante delle normative europee in fatto di salute. Non sarebbero salvaguardate, inoltre, la stragrande maggioranza delle etichette IGP tipicamente europee. Sulla totalità 703 Indicazioni Geografiche protette (le stime dei gruppi NO CETA sono gonfiate, mentre nel trattato non esiste riferimento ad una percentuale esplicativa), sono state proposte per la protezione nel mercato canadese 145 e solo 124 sono state accettate. Questo significa che solo il 17,63% delle etichette nostrane sarà tutelato nel mercato canadese! Da questo punto di vista, l’Ue avrebbe potuto ottenere molto di più.

I MEZZI DI RISOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE TRA STATO E INVESTITORI
Un ulteriore punto critico del trattato è quello che prevede l’istituzione di alcune clausole per tutelare l’investitore internazionale nei confronti dello stato. Tramite queste clausole si dà la possibilità all’investitore internazionale di fare causa ad uno stato davanti ad un arbitrato internazionale se crede di essere stato danneggiato. Questo è uno dei punti più critici di ogni trattato internazionale, poiché la creazione di tribunali ad hoc – senza possibilità d’appello – per tutelare la figura dell’investitore internazionale non è vista di buon occhio dalla società civile, nonostante si crei un clima più favorevole per gli investimenti. Grazie al trattato CETA, però, ci saranno delle migliorie: il tribunale deputato a giudicare (Investment Court System – ICS) sarà permanente e pubblico, a differenza del passato sistema delle ISDS (quello con i tribunali costituiti ad hoc). Grazie al CETA, difatti, vi sarà “piena trasparenza nei procedimenti di risoluzione delle controversie in materia di investimenti”. Si tratta di un grande passo in avanti nei trattati internazionali che così acquisiscono un aspetto più democratico.
Da molti considerato il cavallo di Troia per l’approvazione del TTIP, in realtà il CETA - come visto - è un trattato molto diverso. Nonostante abbia i caratteri comuni di tutti i trattati bilaterali, anni di negoziazione hanno prodotto alcune migliorie. Su altri aspetti, come quelli riguardanti la salute e la tutela dei marchi europei, l’UE si sarebbe potuto fare di più. Resta il fatto che oltre le 124 IGP tutelate, altre potranno essere aggiunte nel corso del tempo. Volenti o nolenti, il commercio internazionale è un flusso che non può essere fermato, va dominato. Per farlo, però, non bisogna dimenticare i valori e gli standard tipicamente europei ottenuti dopo anni di lotte: sacrificarli in nome del libero mercato sarebbe una mossa esageratamente azzardata.

 

 

 

Sergio Inferrera

Messinese, iscritto al corso di laurea in Economia all'Alma Mater Studiorum di Bologna, appassionato al mondo della politica, dell'economia e dello sport

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