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narrativa

13 Ott 2017

La parola: "lei non vola nel vento, sa diffondere incanto"

Scritto da

Diversi studi e sondaggi dimostrano che ognuno di noi pronuncia in media dalle 5.000 alle 9.000 parole al giorno, ne facciamo un uso esasperato, un uso prolungato e non misurato; parliamo, ci esprimiamo, mettiamo insieme parole e costruiamo frasi, enunciati descrittivi e prescrittivi e, senza accorgercene, costruiamo un mondo, il nostro, un mondo fatto di studenti che si scambiano pareri a proposito di un dato esame, fatto di anziani che raccontano ai nipoti aneddoti riguardanti la propria gioventù, fatto di amori che sbocciano, che nascono, amori che finiscono e che racchiudono tutto l'arco di una storia, tutta l'essenza di una vita insieme  all'interno di poche parole urlate, non pesate, non volute, non sperate e mai accettate.

E' il mondo delle parole pensate e non dette, delle frasi non volute ma scritte, il mondo dei pensieri pensati e svaniti, dei giorni intensi e mai vuoti, il mondo di quella parola mai stanca, ma ferma, tagliente, e di quelle che invece volan solo nel vento.

versesaEd è per quest'uso inflazionato che si fa delle parole che non ci si ferma a riflettere, non si tenta di udire la loro assenza o disuso in un rumore diffuso. “Quanto potere può avere una singola parola? Quanto valore le assegniamo nel pronunciarla? Quanto può fare la differenza? Quanto può condizionarci e cambiarci la vita?”  Ce lo siamo mai chiesti? Forse da piccoli, forse solo allora; quando guardavamo il mondo per la prima volta, quando tutto sembrava una scia di splendore e naturale era chiedersi:  “Perchè?” “Perchè usiamo questa parola e non un'altra?”, “Perchè diciamo mamma? Perchè papà? Perché un ti voglio bene non somiglia a un addio? Perchè? Qual è la differenza fra giusto e sbagliato? Perchè diciamo amore? Perchè dolore?“. Crescendo, queste domande iniziano a sfumare insieme all'interesse e al valore  che si dà alle parole nel pronunciarle.

Studiando, ci viene insegnato a riconoscere l'etimologia di ogni vocabolo, a capire da dove quel dato termine derivi e quali significati nasconda, ci si fa cogliere il valore delle sfumature, degli effetti che suscita, ma chi mai, nel mondo tecnologico della scrittura automatica, degli sms abbreviati e degli “emoticon” si è soffermato seriamente sullo studio delle etimologie???

Leggendo un libro di Roberto Vecchioni, “Il libraio di Selinunte”, tutto è divenuto più chiaro; Questo libro, con sorprendente incanto, pone l'accento su un concetto che è proprio quello su cui ognuno di noi,  dovrebbe concentrare la propria attenzione: “La parola non è un oggetto casuale, una merce di scambio, un codice di comodo: è la storia, l'intelligenza che adatta e reinventa, l'emozione che dà accenti, ritmi, soavità e burrasca, aspetto, volto alla muta condizione del cuore. La parola ricorda, ricorda come eravamo, perché siamo, come saremo, ricorda nell'intimo della sua essenza , in una memoria che sopravvive ai suoi nuovi colori e ai suoi vecchi significati, perché, se le cose le ha create Dio, le parole sono le cose ricreate dagli uomini: è quel nome, la vita.”

Nel libro si racconta la storia degli abitanti di una piccola cittadina greca, Selinunte, si svegliano un giorno e non hanno più le parole per dire “giorno”, scendono in strada e non hanno più le parole per dire “strada”, scoprono così che tutta la città è piena di smemorati che vagano sperduti in una nebbia di cose senza nome, incapaci di parlare e di ricordare, incapaci persino di pensare. Per loro non sarà più possibile essere quelli che erano, non sarà più possibile dare voce ai propri sentimenti, alle proprie debolezze, ai propri sogni e ambizioni, alla propria natura, perché questa è svanita insieme alle loro parole, alla loro storia. Selinunte si ritrova priva della sua stessa storia proprio perché non ha saputo vivere, apprezzare, non ha saputo credere e capire cosa significassero quelle parole, quanto valessero e, anziché accogliere con gioia l'apertura di una biblioteca fra le sue strade, sorgente di arte e cultura, ha scelto e preferito il disprezzo, la diffidenza e l'odio giungendo persino a dare  fuoco al palazzo, condannando al rogo per sempre secoli di parole e di poesia, condannandosi eternamente all'oblio e alla dimenticanza, “...e le parole dal nulla volarono via portandosi con sé il senso del nostro passato; da quel giorno fu come se per dipingere avessimo tutto tranne i colori.”

Questo libro svela a suo modo quanta strada si sia fatta con le parole, quanto queste siano state disprezzate, derise, calpestate, per poi rialzarsi più forti di prima e lasciare il segno indelebilmente. Le parole sono giunte a Selinunte in punta di piedi, silenziose, leggere, poi inaspettatamente hanno rivoluzionato la vita di un giovane studente, Frollo, gli hanno fatto scoprire valori, principi, gli hanno fatto venir voglia di viaggiare, anche con le sole ali della fantasia. Gli abitanti di Selinunte però non hanno accettato questo dono e le parole son state uccise, massacrate dall'ignoranza e dall'ipocrisia e senza fare rumore, son volate via, per sempre.

Parola come rivoluzione, parola come riscatto, come urlo, come grido disperato, parola come riso, come gioia innata, parola urlata, caduta, rialzata, parola di pace, di libertà, di vita. Vivere è poter parlare, poter esprimere i propri pensieri per mezzo delle proprie parole senza correre il rischio di perderle, o di non poterne più esprimere, è sentirne l'essenza, il significato e non smettere mai di diffonderlo. Con la parola si sono portate avanti battaglie e raggiunto vittorie che nemmeno 10.000 eserciti alleati sarebbero riusciti a concludere in maniera migliore, con la parola sono state fomentate masse, persuase persone,  portate avanti ideologie, promesse, sfide. Per la parola centinaia di giornalisti, di uomini, sono stati uccisi perché queste erano state troppo forti, troppo potenti e un uomo in grado di smuovere così tanto gli animi con delle parole, un uomo bravo a usarle e non timoroso di rivelarle fa paura, paura all'ipocrisia e agli ipocriti, paura all'omertà e agli omertosi, paura all'indifferenza e agli indifferenti. Potenza, paura,  parola. Considero ogni parola un atomo di tempo, un qualcosa che esiste oltre il per sempre e al di là del mai più, svincolata dall'atomo che viene prima e da quello che lo seguirà dopo; è sola, libera, infinita, tutte le parole lo sono.

 

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