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libreria economia

02 Ago 2017

I Grandi Economisti del passato - La vita e le opere di Adam Smith

Scritto da

Qualche tempo fa, per il blog Scriptema, ho avviato una rubrica a stampo economico con l'obiettivo di ripercorrere la vita e le opere dei più grandi economisti della storia dell'umanità. Tuttavia, mi sono proposto di farlo in maniera scherzosa e divertente. Infatti, troppo spesso ci perdiamo tra le righe di un articolo, perdendo più volte il filo del ragionamento. Il punto è che non è colpa nostra, bensì di coloro che scrivono il testo.

L'obiettivo di questa rubrica, "I Grandi Economisti", è pertanto quello di risultare piacevole e di facile comprensione. Sperando di risultare anche utile, per quanto sarà concesso dal lettore.

Iniziamo con Adam Smith...

Il nostro caro Adamo ha inventato l’economia politica.

Seppur esagerando nei termini, è certamente vero che Adam Smith fu uno dei più grandi economisti della storia dell’umanità. Prima di lui già molte altre teste brillanti e illustri si erano occupate di formazione dei prezzi, di produzione di beni, di proprietà privata...ci fu persino chi gettò le basi per comprendere il meccanismo delle bolle finanziarie creato qualche secolo dopo da un certo Ponzi. Tuttavia, quello che Smith riuscì a produrre si rivelò molto più potente di qualsiasi altro concetto economico in auge fino a quel momento. Adam Smith inventò l’economia, per come la conosciamo oggi.

 

La vita dell'autore

Dovendo descrivere questo grande economista con un aggettivo potremmo utilizzare il termine “sconclusionato”. Nato a Kirkcaldy nel 1723, 5 giugno per l’esattezza (del segno del gemelli, i nostri astrologi hanno già afferrato il concetto…), Adam Smith cresce nella contea di Fife, un luogo ideale per un piccolo economista in erba. In effetti, l’erba in Scozia non manca grazie alle numerose precipitazioni temporalesche. Quel che mancava alla ridente cittadina di Kirkcaldy era la moneta! Sì avete capito bene, il nostro Smith cresce in un villaggio dove si utilizzano chiodi e materiali ferrosi per dar vita agli scambi commerciali (quando si dice “i casi della vita”). Un altro particolare curioso della vita dell’economista scozzese era la sua malattia nervosa che lo costringeva ad annuire con il mento continuamente, o almeno così vanno dicendo alcuni storici (dei quali vogliamo fidarci). Si narra persino che un giorno, alzatosi di buona lena alle prime luci dell’alba, Smith uscì di casa ancora in vestaglia e proseguì la sua camminata mattutina per circa 25 km. Una volta concluso il suo ragionamento, Adamo si arrestò stupito e si chiese dove fosse finito…

Ed è con questi ottimi auspici che ci accingiamo all’analisi del pensiero economico di uno dei più grandi pensatori della storia dell’umanità!

 

La “Teoria dei sentimenti morali” e la relazione sociale

Quello che un buon economista non deve mai dimenticare è la seguente considerazione: economia politica e filosofia morale vanno a braccetto.

Con questa affermazione non mi sono fatto una gran fama all’università di Bologna e non posso dare torto ai miei critici, tuttavia occorre ricordare che in una scienza imperfetta quale è l’economia, più i concetti sono semplici più fanno presa sulle menti umane. Ergo, un economista che basi il suo pensiero su concetti lineari e comprensibili ai più, possibilmente evitando la matematica (!), sarà senz’altro un economista apprezzato. Senza considerare il fatto che una materia imperfetta quale è l'economia non può prescindere dalla filosofia nello sviluppo delle sue regole fondamentali.

Ma veniamo al dunque: Smith, agli albori della sua carriera elabora una teoria (Teoria dei sentimenti morali) secondo la quale gli esseri umani giudicherebbero i loro simili mediante l’immedesimazione nelle situazioni altrui. Nel testo questa caratteristica verrà definita “Simpathy” dallo stesso autore. Questo concetto teniamolo a mente, risulta di fondamentale importanza per comprendere la mentalità dell'autore che ci apprestiamo ad esaminare. Naturalmente, data la facilità della teoria, questo rimarrà uno dei passaggi più conosciuti dell’economia di Smith (agli studiosi risulta che neanche durante il '700 la matematica piacesse più di tanto)!

 

La “Ricchezza delle nazioni” e un nuovo approccio microeconomico

John Maynard Keynes sta alla macroeconomia come Adam Smith sta alla microeconomia. In realtà, già altri autori prima di Smith si occuparono dei fenomeni microeconomici e su tutti la famosa scuola dei Fisiocratici (con punta centrale un giovane economista di nome Quesnay) che furono i primi a parlare di “laissez faire, laissez passer” e di interconnessione dei settori economici. Adam Smith altro non fa che riprendere i loro insegnamenti e reinterpretarli in chiave industriale. La mossa ha successo e in breve Smith diventa l’inventore del più importante modello microeconomico ancora oggi esistente, il modello della “Mano Invisibile”. Funziona più o meno così: il mercato è costituito da una domanda (i consumatori) e da un’offerta (i produttori). Gli interessi degli uni combaciano con gli interessi degli altri (Smith parlerà di self-interest, in altri termini di “egoismo positivo”). L’unica cosa da fare per quanto riguarda lo stato è...NON FARE NULLA! Il mercato si auto-regolerà e garantirà il livello di produzione ottimale. Poco tempo dopo, gli studiosi di microeconomia svilupperanno un modello di equilibrio economico parziale, vale a dire di analisi di un SINGOLO mercato, denominato “Legge della DOMANDA-OFFERTA” (Alfred Marshall docet) che molto ha a che fare con i precetti del nostro autore scozzese.

 

La “ricchezza” di Smith

“E la ricchezza? Cos’è la ricchezza?”

La ricchezza nel modello Smithiano consiste nel REDDITO PRO-CAPITE, vale a dire il reddito dei singoli individui. Smith non si accontenta però di dare una definizione, vuole anche definire un modello di crescita economica basato sulla realtà del suo tempo. Per l’economista, sinonimo di crescita è “produttività”. Aumentare la produttività del lavoratore per renderlo più ricco! Per aumentare la produttività non esiste alcun bottone magico. Quest’ultima infatti è funzione positiva della DIVISIONE DEL LAVORO - in parole povere, più i lavoratori si dividono il lavoro, più risultano produttivi. A tal proposito, famigerata è la famosa filastrocca della “fabbrica degli spilli” secondo la quale ogni lavoratore sarebbe stato in grado di produrre un numero di gran lunga maggiore di spilli specializzandosi in una particolare fase del ciclo di produzione. Qualcuno negli Stati Uniti, circa un secolo e mezzo dopo, riprenderà questo concetto; lo chiameranno “fordismo” e si baserà sulla Mass Production. I proprietari delle Fiesta ne sapranno qualcosa…

 

La “Teoria dei Vantaggi Assoluti”

Lo Scozzese più illustre della storia si spinge oltre i confini nazionali e approda nel campo primordiale della Macroeconomia.

Precisiamo...al tempo di Smith NON vi è ancora traccia della moderna macroeconomia. Tuttavia l’intuizione del nostro economista si farà strada nella futura scienza economica fino agli autori neoclassici, quando verrà soppiantata da un sistema economico più avanzato e articolato. La teoria afferma questo: ogni nazione deve specializzarsi nel campo di produzione nel quale risulta avere un vantaggio competitivo per poter scambiare in modo più efficiente il proprio prodotto con una nazione più capace di produrre un altro tipo di bene. Per fare un esempio, il paese A commercia vino nel quale ha un vantaggio assoluto rispetto al paese B che viceversa produce con successo la seta. Seguendo la teoria dei vantaggi assoluti l’evoluzione naturale degli eventi è la seguente: il paese A produrrà da qui all’eternità vino in grande quantità e una buona parte di esso lo scambierà sul mercato per procurarsi gli altri beni e lo stesso farà B con la seta.  Non avete capito niente? Ma che problema c’è?! Gli studiosi successivi smentiranno questa tesi in ogni sua sfaccettatura. In particolar modo, Smith non coglie la potenza intrinseca dei servizi e sarà pertanto condannato ad essere superato, sotto questo aspetto.

 

La “toppa” dell’economista

“Caro Watt, la tua invenzione...non so come dirtelo...non servirà a nulla, ecco!”.

Sì, arrivò a dire questo il nostro Adam. Avrete senz’altro sentito nominare una volta nella vita il Watt (l’unità di misura della potenza del Sistema Internazionale). Ebbene il “Watt” deve il suo nome a James Watt, senza il quale l’invenzione della macchina a vapore sarebbe servita a ben poco.

Tornando all’economia, è abbastanza facile intuire il punto nevralgico della struttura teorica di Smith. Lo scozzese riteneva che la rivoluzione industriale non avrebbero portato a nulla e che i servizi non avrebbero mai generato ricchezza economica per un paese. Sotto questo aspetto, caro Smith, hai davvero TOPPATO...ma ti vogliamo bene lo stesso!

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Francesco Garulli

Sono uno studente di economia dell'università di Bologna nonchè allenatore di basket e minibasket.

Sono appassionato di scrittura, interesse che mi ha portato ad accettare questa nuova ed appassionante sfida assieme agli autori e fondatori di Human Europe Capital. Mi occupo prevalentemente di Economia. Le mie ancor brevi esperienze lavorative mi hanno portato a sviluppare una discreta conoscenza degli strumenti di web design e marketing grazie ad uno stage praticato nell'estate del 2017 presso la web agency "SocialCities". Molto ho ancora da imparare e sono felice di poter continuare a scrivere per questa comunità, fatta di persone competenti e di grande spirito d'iniziativa.

Francesco Garulli

 

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