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libreria ingegneria

10 Mag 2018

Essere dall'altra parte

Scritto da

La paura del diverso, dello sconosciuto è un sentimento innato nella natura umana: chiunque si sente disorientato di fronte a qualcuno o qualcosa che non conosce o non capisce completamente. È giusto fermarsi a queste prime impressioni, basate su pregiudizi e stereotipi?

La xenofobia è un problema che l'Uomo ha da sempre dovuto affrontare e che ancora non ha risolto: come gli antichi Greci si ritenevano superiori ai barbari, così gli Europei che giunsero in America e tutt'oggi il mondo occidentale continua a credersi più civilizzato degli altri popoli, per non parlare dei pregiudizi legati ai singoli Paesi. Molti scrittori hanno cercato di mettersi nei panni dell' "altro", con efficaci e toccanti risultati: la Medea di Euripide denuncia come "lo straniero deve sapersi adeguare alla città che lo ospita; né è lodabile il cittadino che per sua tracotanza o per difetto di conoscenza è acerbo ai concittadini suoi", mentre altrettanto famoso è il monologo shakespeariano dell'ebreo Shylock in "Il mercante di Venezia": 

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Ma un ebreo non ha occhi? Un ebreo non ha mani, organi, misure, sensi, affetti, passioni, non mangia lo stesso cibo, non viene ferito con le stesse armi, non è soggetto agli stessi disastri, non guarisce allo stesso modo, non sente caldo o freddo nelle stesse estati e inverni allo stesso modo di un cristiano? Se ci ferite noi non sanguiniamo? Se ci solleticate, noi non ridiamo? Se ci avvelenate noi non moriamo? E se ci fate un torto, non ci vendicheremo? Se noi siamo come voi in tutto vi assomiglieremo anche in questo. Se un ebreo fa un torto ad un cristiano, qual è la sua umiltà? Vendetta. La cattiveria che tu mi insegni io la metterò in pratica; e sarà duro ma eseguirò meglio le vostre istruzioni.

Se questi due brani si concentrano sul modo in cui lo straniero viene percepito dagli "indigeni", la prima parte del "Refugee Blues" del poeta inglese naturalizzato americano W. H. Auden, componimento scritto nel 1939 riguardo la condizione degli Ebrei in Germania, risulta tuttora attualissima, se paragonata alla condizione dei moderni rifugiati.

 

 

Poniamo che in questa città vi siano dieci milioni di anime, ‎
V’è chi abita in palazzi, v’è chi abita in tuguri: ‎
Ma per noi non c’è posto, mia cara, ma per noi non c’è posto.‎

Avevamo una volta un paese e lo trovavamo bello, ‎
Tu guarda nell’atlante e lì lo troverai: ‎
Non ci possiamo più andare, mia cara, non ci possiamo più andare. ‎

Nel cimitero del villaggio si leva un vecchio tasso, ‎
A ogni primavera s’ingemma di nuovo: ‎
I vecchi passaporti non possono farlo, mia cara, i vecchi passaporti non possono farlo. ‎

Il console batté il pugno sul tavolo e disse: ‎
‎“Se non avete un passaporto voi siete ufficialmente morti”: ‎
Ma noi siamo ancora vivi, mia cara, ma noi siamo ancora vivi. ‎

Mi presentai a un comitato: m’offrirono una sedia; ‎
Cortesemente m’invitarono a ritornare l’anno venturo: ‎
Ma oggi dove andremo, mia cara, ma oggi dove andremo? ‎

Capitati a un pubblico comizio, il presidente s’alzò in piedi e disse: ‎
‎“Se li lasciamo entrare, ci ruberanno il pane quotidiano”: ‎
Parlava di te e di me, mia cara, parlava di te e di me. ‎

Infine, il film "Crossing Over", uscito nel 2009, ci offre un'ancora più ampia panoramica sulle varie situazioni che devono affrontare oggi gli immigrati, sia di prima sia di seconda generazione: tra le tante, forti storie, colpisce sicuramente quella di Taslima. Taslima è una teenager costretta a lasciare gli Stati Uniti per aver scritto un tema dal contenuto controverso, nel quale denunciava l'esasperazione del Medio Oriente, le cui proteste sono state davvero notate solo dopo il tragico attentato dell'11 settembre. A distanza di quasi 10 anni dall'uscita di questo film, la situazione non è certo migliorata e, piuttosto che ascoltare la frustrazione di chi vuole appartenere al nostro Paese, si preferisce far finta di nulla, sfruttando lo "straniero" come mera valvola di sfogo per la rabbia nei confronti di un presente che sembra senza speranza.

Tuttavia, un tempo "xènos", il termine greco alla base della parola "xenofobia", era anche l'ospite, ritenuto sacro in moltissime culture: nell'antica Grecia, chi non accoglieva un ospite veniva punito da Zeus ed anche il Deuteronomio istruiva a "non ledere il diritto dello straniero" e ad occuparsi di lui lasciando un covone di grano, delle olive o dell'uva; infine, non si può trascurare uno dei Comandamenti dell'amore della religione cristiana, "ama il prossimo tuo come te stesso".

Forse l'atteggiamento xenofobo è così radicato perché non è mai capitato all'intero genere umano di esserne vittima allo stesso momento, di trovarsi tutti contemporaneamente "dall'altra parte": forse, se fossimo noi le "creature troppo schifose, con solo due braccia e due gambe, quella pelle d'un bianco nauseante e senza squame", come immaginato da Frederik Brown nel racconto fantascientifico "Sentinella", ci potremmo rendere conto di quanto siano labili in realtà le differenze tra un individuo e l'altro. Magari allora si potrebbe realizzare il pensiero espresso da Derek Walcott nella poesia "Amore dopo amore": "ognuno sorriderà al benvenuto dell’altro / e dirà: Siedi qui. Mangia. / Amerai di nuovo lo straniero [...] / che ti ha amato / per tutta la tua vita [...]."

 

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Lisa Pitrelli

Nata nel 1996, laureanda in lettere classiche presso l'Alma Mater Studiorum di Bologna. 

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