Allora, Pietrangeli decide di dare una scossa alla situazione: “Ragazzi, così mi fate sentire vecchio: almeno quando giochiamo a pallone, diamoci del tu!” Per fortuna, dopo dieci giorni, la situazione è radicalmente cambiata: “A Nico’, e muoviti: passa ‘sta palla!”
Ben presto, e per i successivi tre anni, Pietrangeli è un laziale a tutti gli effetti: ha un suo posto nello spogliatoio, una sua divisa, se arriva in ritardo paga la multa proprio come ogni altro giocatore, non ha nessun trattamento di favore in campo.
E da questa esperienza, Nicola impara tantissimo. Porta con sé tanti ricordi e tanti insegnamenti che si riveleranno preziosi per il suo ruolo di capitano di Coppa Davis: in particolare, si troverà a ripescare i trucchi che Maestrelli usava per tenere buono Giorgio Chinaglia, il ribelle.
Ad esempio, quando Long John proprio non riusciva a capire che ogni tanto una partitella d’allenamento la poteva anche perdere, Maestrelli spesso lo distraeva facendogli tirare all’ultimo minuto un rigore inesistente!
Inoltre, c'è da dire che Pietrangeli nell’ambiente tennistico milanese non godeva particolarmente di buona fama. Su al nord tutti applaudivano molto più volentieri i campioni “lottatori” Umberto De Morpurgo, Gianni Cucelli e Fausto Gardini, piuttosto che quel ragazzone romano, grassottello, e viziato, che cercava sempre di portare a casa la partita senza faticare mai troppo.
Uno così, per i milanesi, era un sovversivo, uno antipatico.
A sua discolpa, Nicola racconta sempre che all’epoca la differenza tra una vittoria e una sconfitta, anche in un incontro importante, si limitava ad una coppa di poco valore, al massimo ad una banconota da diecimila lire. Quindi – dice lui ancora oggi, facendo l’occhiolino a miliardi guadagnati dai grandi campioni del circuito ATP – tanto valeva ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo!
Alle misere diecimila lire, Pietrangeli preferiva la notorietà, gli applausi, la bella vita, la baldoria…scelta che sovente, considerato il fatto che per quanto di classe rimaneva pur sempre un dilettante, lo portava a fronteggiare qualche “problemino”.
A volte, infatti, il suo direttore di banca lo chiamava per segnalargli uno scoperto sul conto. E allora Nicola si applicava, vinceva qualche incontro in più per risanare la situazione finanziaria e poi riprendeva allegramente lo scanzonato tran tran.
Certo, spesso ancora adesso qualcuno gli fa presente che, se si fosse allenato con maggiore costanza e serietà, avrebbe potuto vincere molto di più.
Ma per lui l’unica risposta valida è sempre la stessa:
“Certo, avete ragione voi, ma avete idea di quanto mi sarei divertito di meno?”
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