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libreria giurisprudenza

03 Ott 2018

Mediazione penale minorile

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La mediazione è un percorso tra due o più persone avente lo scopo della risoluzione di conflitti che si caratterizzano per natura sociale ma anche culturale financo penale. In quest'ultimo campo il conflitto va a configurarsi come reato.

La vittima, che nel processo penale minorile non può costituirsi come parte civile (art.10 del D.P.R. 448/88). Questo a differenza del processo penale deglii adulti. La mediazione penale minorile consente di esprimere, all'interno di un contesto protetto, il proprio vissuto personale nei confronti dell'offesa subìta, di modo da rendere partecipe e coinvolgere la persona offesa, vittima del reato. Presupposto, per un tentativo di mediazione, è il consenso non solo del minore ma anche quello della persona offesa. Senza il consenso dei due, la mediazione non può avere luogo. Il consenso deve essere spontaneo, non deve essere frutto di coartazione da parte di nessuno: a tal fine, sia il giudice, sia i servizi minorili possono solo proporre la mediazione, ma spetterà ai due soggetti solamente decidere di parteciparvi.

La volontarietà della partecipazione del minore è oggetto di qualche perplessità da parte di alcuni studiosi che considerano tale gesto come "rifiuto di prendere consapevolezza della negatività del reato commesso" o ancora come non adesione ad un progetto di ravvedimento e segnale di prognosi negativa. Secondo questa prospettiva, la partecipazione del minore alla mediazione potrebbe essere pensata come imposta da un soggetto dotato di autorità come il giudice, e interpretata dallo stesso minore come una strategia difensiva più favorevole ai suoi interessi.

Ma qual è il ruolo del mediatore all'interno della mediazione minorile? Il mediatore deve mantenere il segreto su confessioni, ammissioni o testimonianze rese dal minore o comunque acquisite altrimenti dai suoi genitori o dalla stessa vittima, relative al reato per cui si procede o ad altri fatti costituenti reato di cui comunque nel corso dell'attività mediativa venga a conoscenza. Il mediatore non ha alcun obbligo di denuncia (artt. 361 e 362 c.p.): è importante difatti sottolineare che, per giurisprudenza e dottrina prevalenti, nello svolgere l'attività di mediazione, non esercita difatti una pubblica funzione giudiziaria o amministrativa che lo renda pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio (artt. 357 e 358 c.p.). Il mediatore deve rispettare il contratto esplicito con coloro che prendono parte alla mediazione, e quindi colpevole del reato e persona offesa, che ciò che essi dicono non verrà mai riferito all'autorità giudiziaria che procede. Altrimenti, la mediazione perderebbe quel carattere di "spazio protetto di parola" e di luogo di incontro, voluto espressamente dal legislatore.

mediazione penale minorile

Quale è quindi il ruolo delle dichiarazioni rese nel percorso di mediazione? Il problema dell'utilizzabilità delle dichiarazioni rese sia prima che ovviamente durante lo svolgimento del percorso di mediazione è stato affrontato dalla legge istitutiva della competenza penale del giudice di pace, d.lgs. 2000, n.274, dove al quarto comma dell'art. 29 prevede che "in ogni caso, le dichiarazioni rese dalle parti nel corso dell'attività di conciliazione non possono essere in alcun modo utilizzate ai fini della deliberazione". Tali dichiarazioni pertanto non possono confluire nel materiale probatorio, inoltre il quinto comma della stessa legge precisa che l'avvenuta conciliazione delle parti è finalizzata alla remissione della querela. Il problema si pone in particolar maniera in caso di esito negativo, poiché il diritto di difesa del minore può essere pregiudicato dall'ammissione della sua responsabilità, necessaria ai fini della partecipazione alla mediazione. Tuttavia l'inserimento dell'istituto in questa fase comporta la creazione di una sorta di "zona franca" rispetto ai principi che reggono l'istituzione processuale. 

In caso di esito positivo, è possibile, per il giudice, effettuare un giudizio di rilevanza sociale del fatto sulla base dell'esito della mediazione. Infatti, la riconciliazione tra minore e vittima potrà consentire al giudice di considerare il fatto reato come "attenuato".

 

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Carlotta Toschi

Avvocato in Bologna, si occupa prevalentemente di diritto penale ed è cultrice di diritto europeo dell'immigrazione presso la facoltà di Giurisprudenza, università di Modena - Reggio Emilia.

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